Condominio non solidale sugli omessi contributi
L’ente gestore dei beni comuni equivale a un soggetto privato
Non assume un rilievo giuridico diverso da quello dei singoli condòmini
Annarita D’Ambrosio
È di indubbio rilievo l’orientamento della Cassazione espresso nella ordinanza 19514/2023 depositata il 10 luglio e relativo al caso di due dipendenti della ditta di pulizie che lavorano in un condominio che avevano denunciato il datore di lavoro per contributi Inps non versati. L’istituto di previdenza pretendeva la somma dal condominio perché non vi aveva provveduto la Srl presso la quale le due lavoratrici risultavano impiegate.

Nei giudizi di merito il Tribunale aveva accolto il ricorso del condominio avverso il verbale di accertamento ispettivo notificato dall’Inps, mentre la Corte d’appello lo aveva rigettato e riteneva che il condominio fosse tenuto a pagare. Per la Corte il condominio era obbligato in solido con l’appaltatore, essendo incontestato che le lavoratrici avessero effettuato la prestazione lavorativa presso lo stabile condominiale.

Il condominio, tra l’altro, non aveva neanche disconosciuto la propria qualifica di datore di lavoro, limitandosi ad eccepire che l’articolo 29, comma 2 del Dlgs 273/2003 non avrebbe potuto essergli applicato perché privo di personalità giuridica. L’articolo è quello relativo alla solidarietà degli appalti. Stabilisce che l’appaltante, imprenditore o datore di lavoro, risponde, in solido con l’appaltatore, per i trattamenti retributivi e contributivi dei lavoratori di quest’ultimo, «entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto».

Ma al condominio si applica o no questa previsione? Per la Corte d’appello il soggetto passivo della solidarietà doveva individuarsi nel committente imprenditore o datore di lavoro, escludendo dalla solidarietà la sola persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale. Il condominio quindi era tenuto a pagare in quanto datore di lavoro, a prescindere dalla possibilità di attribuirgli personalità giuridica e non considerando neppure il fatto che non poteva ritenersi una persona fisica.

La Cassazione cassa invece la pronuncia ed esonera dalla solidarietà il condominio, chiarendo che non è applicabile alla fattispecie l’ ordinanza della Suprema corte, seconda sezione, n. 4079 del 2022, richiamata dall’Inps.

Le motivazioni sono le seguenti: il datore di lavoro che, in alternativa all’imprenditore, è responsabile solidale in base all’articolo 29 del Dlgs 276/ 2003, comma 2, non può identificarsi puramente e semplicemente con lo stesso committente presso cui l’attività oggetto dell’appalto viene eseguita ovvero il condominio. Se così fosse, precisano i giudici di legittimità, sarebbe stato sufficiente per il legislatore prevedere l’obbligo di solidarietà riferendosi semplicemente al “committente” dell’appalto.

Così non è. Pertanto è evidente che il datore di lavoro diretto dei dipendenti per i quali si è verificato l’inadempimento contributivo, è l’appaltatore e non il committente e la garanzia della solidarietà aggiunge solo un debitore a quello principale. Può essere tale il condominio? No, secondo la Suprema corte, perché la disposizione normativa individua tale debitore solidale nel committente che svolge attività imprenditoriale o nel committente datore di lavoro escludendo la persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale. Il condominio, precisa la Cassazione, non svolge attività d’impresa, non partecipa per propri scopi istituzionali al decentramento produttivo e non assume, soprattutto ai fini lavoristici, un rilievo giuridico diverso da quello dei singoli condòmini (Cassazione 177/2012; Cassazione sezioni unite 10934/2019) perché è un ente di gestione dei beni comuni.

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