La Cassazione si è nuovamente espressa sulla distinzione fra nullità e annullabilità della delibera di riparto spese difforme ai criteri di ripartizione legali, ribaltando le pronunce dei gradi precedenti sul punto

La decisione della Suprema Corte

La Seconda Sezione Civile della Cassazione, accogliendo il ricorso del Condominio con l’avv. Roberto Smedile, ha invece cassato la sentenza della Corte d’Appello, sancendo che le delibere condominiali che si limitano ad approvare un determinato riparto spese in violazione dei criteri legali sono annullabili, e non nulle, a condizione che tale annullabilità venga fatta valere entro trenta giorni, come previsto dall’art. 1137, comma 2, cod. civ. (termine che, nel caso di specie, non veniva rispettato).

La Corte ha sottolineato che tali delibere sono nulle solo nel caso in cui l’assemblea abbia manifestato l’intento di modificare stabilmente i criteri di ripartizione delle spese per il futuro, richiamando quanto in precedenza affermato dalle Sezioni Unite: “alla stregua di Cass. SU n. 9839/2021 – le delibere condominiali di ripartizione delle spese di gestione, emanate in violazione dei criteri normativi (legali o negoziali), sono nulle solo se l’assemblea (a maggioranza) abbia manifestato l’intendimento di modificarli programmaticamente per il futuro. […] non esorbita dalle proprie attribuzioni l’assemblea che (come in questo caso) si limiti a ripartire le spese condominiali per il caso oggetto della delibera, anche se la ripartizione venga effettuata (consapevolmente) in violazione dei criteri legali o negoziali. Una delibera di quest’ultimo tipo non ha carattere normativo (cioè, non incide su tali criteri generali, valevoli per il futuro), né è contraria a norme imperative.” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 20601/2024).

La Corte si esprimeva anche circa l’eccepita intempestività della modifica della domanda giudiziale operata dal condomino, che agiva in opposizione domandando la nullità del decreto ingiuntivo, chiedendo invece volersi dichiarare la nullità della delibera assembleare solo con successiva 1° memoria ex art. 183 cod. proc. civ. (rito ante riforma Cartabia). Tale modifica veniva giudicata intempestiva dalla Corte, che riteneva erronea la determinazione dei giudici di merito sul punto (che non rilevavano tout court la proposizione di domanda nuova).

La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza della Corte d’Appello di Milano, rinviando alla medesima in diversa composizione, affinchè si pronunci in conformità con i principi di diritto enunciati.

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